Fatica nello sport

Abbiamo già trattato l’argomento fatica qui La fatica muscolare. Adesso entreremo più nel dettaglio descrivendo il tipo di fatica che insorge nelle diverse pratiche sportive.

Nello sport la fatica viene definita come il sopraggiungere di una condizione di esaurimento organico-funzionale che comporta la riduzione delle capacità prestative dell’atleta. Questo può succedere sia nel corso degli allenamenti, sia durante la competizione.

Nell’organismo dell’atleta si verificano alterazioni omeostatiche caratterizzate da modificazioni metaboliche, degli equilibri elettrici di membrana, e modificazioni bioumorali. Queste alterazioni sono accompagnate da segni e sintomi che rappresentano la manifestazione clinica della fatica. Le manifestazioni cliniche vanno dalla semplice spossatezza ad evidenze patologiche più o meno gravi.

Quanto esposto può verificarsi in maniera sia acuta sia cronica. In questo articolo ci occuperemo di descrivere la fatica acuta.

fatica

Fatica acuta

La fatica acuta è rappresentata dalla incapacità di mantenere, durante uno sforzo, la forza o la potenza richieste.

La fatica acuta può manifestarsi:

  • a livello del sistema nervoso centrale (sito 1);
  • a livello del motoneurone periferico (sito 2);
  • a livello della giunzione neuromuscolare (sito 3);
  • a livello della fibrocellula muscolare (sito 4).

L’analisi elettromiografica permette di identificare il sito di insorgenza della fatica. Il sito 1 rappresenta la fatica centrale mentre gli altri siti rappresentano la fatica periferica. I principali siti di insorgenza della fatica periferica sono i siti 3 e 4. Durante l’attività sportiva il sito 4 appare come la sede principale di insorgenza della fatica.

Il tipo di fatica è strettamente legato al tipo di sforzo eseguito. Pertanto la classificazione degli sport (Classificazione degli sport) e il tipo di sistema energetico impiegato ci aiutano a capire come insorge la fatica nelle diverse discipline.

Fatica nelle attività di breve durata

Nelle attività ad impegno anaerobico alattacido la causa principale dell’insorgenza della fatica va individuata nella deplezione della fosfocreatina.

Deplezione della fosfocreatina

Durante gli sforzi brevi ed intensi l’ATP consumato viene rigenerato dalla scissione della fosfocreatina:

ADP + PC → ATP + C

Nella reazione di Lohmann l’ADP formatosi dall’idrolisi dell’ATP viene prontamente rifosforilato dall’enzima creatinfosfotransferasi. La concentrazione di ATP resta praticamente invariata a spese della PC.

Anche quando le riserve di PC si esauriscono le concentrazioni di ATP non scendono mai oltre il 70%. Ciò significa che la causa della fatica non si trova nella riduzione di ATP, ma nell’aumento dell’ADP e del fosfato che interferiscono con i meccanismi della contrazione muscolare.

L’aumento della concentrazione del Pi:

  • riduce la captazione del Ca2+ nel reticolo sarcoplasmatico, impedendo il ripristino dello stato necessario per una nuova contrazione;
  • aumenta la percentuale di legami deboli in quanto il Pi rimane legato alla miosina alterando il colpo di forza.

Produzione di ammoniaca

L’esaurimento delle scorte di PC rende impossibile la resintesi di ATP. Questo porta ad un aumento dell’AMP secondo l’equilibrio della reazione catalizzata dall’enzima adenilato chinasi:

ADP + ADP = ATP + AMP

L’aumento dell’AMP attiva l’enzima AMP deaminasi che catalizza la deaminazione dell’AMP in IMP (inosinmonofosfato) e ammoniaca (NH3). L’ammoniaca è tossica ed interferisce con la corretta funzionalità del sistema nervoso per turbe nell’equilibrio dei neurotrasmettitori.

Alterazione del potenziale di membrana

Durante sforzi di elevata intensità si assiste alla fuoriuscita di potassio dalle cellule muscolari. L’uscita del K+ è rimpiazzata dall’entrata di Na+. Questo succede ogni qual volta si genera un potenziale d’azione. Questo, unito alla diminuzione dell’ATP, porta ad una incapacità della pompa sodio-potassio ATP dipendente di ricaptare il K+ fuoriuscito. La ridotta funzionalità della pompa Na+/K+ è responsabile del persistere dell’aumentata concentrazione di sodio intracellulare.

L’uscita del potassio è facilitato dai canali del potassio ATP dipendenti, normalmente chiusi in condizioni di riposo. La riduzione del pH rimuove il blocco dall’ATP esercitato sui canali, per cui il potassio è libero di uscire.

Tutto questo porta alla riduzione del rapporto K+ intracellulare/K+ extracellulare con conseguente riduzione del potenziale di membrana. In corrispondenza del sarcolemma e dei tubuli T la diminuzione del potenziale di membrana induce una riduzione del rilascio di calcio con diminuzione della probabilità di insorgenza, di ampiezza e di efficacia del potenziale d’azione.

Fatica nelle attività di media durata

In questo gruppo vanno considerate le attività ad impegno anaerobico lattacido e quelle ad impegno aerobico-anaerobico massivo.

L’accumulo di lattato

In queste attività la causa principale dell’insorgenza della fatica va ricercata nella formazione di acido lattico. Nella produzione di energia per la via della glicolisi anaerobica, l’acido piruvico che si forma determina l’accumulo di acido lattico (La respirazione anaerobica). L’acido lattico viene scisso in lattato e ioni idrogeno; l’aumento di questi ultimi è responsabile della caduta del pH.

L’aumento della concentrazione degli ioni H+ interferisce con i meccanismi contrattili in quanto la diminuzione del pH riduce il rilascio e la captazione del calcio da parte del reticolo sarcoplasmatico. Oltre a questo viene inibita l’attività dell’enzima fosfofruttochinasi ed altri enzimi, con rapido decremento della produzione di ATP ed insorgenza di esaurimento muscolare.

Produzione di ammoniaca e alterazioni del potenziale di membrana

Anche in questo caso come causa di fatica acuta ritroviamo i meccanismi di iperammonemia e disquilibrio elettrolitico descritti in precedenza.

Fatica nelle attività di lunga durata

Nelle attività di lunga durata con intensità prossime al 50% del VO2max, le richieste energetiche sono soddisfatte quasi esclusivamente dall’utilizzo dei grassi. L’energia derivata dagli acidi grassi è praticamente inesauribile, pertanto la fatica che colpisce queste attività è una fatica di tipo centrale.

Deplezione del glicogeno

In sforzi che richiedono meno del 60% o più del 90% della massima potenza aerobica non si assiste ad una significativa riduzione delle scorte di glicogeno. Nel primo caso l’interruzione dello sforzo è causato da fatica centrale, nel seconda caso la fatica insorge per accumulo di acido lattico.

L’ipotesi che la fatica sia legata alla deplezione di glicogeno, è stata dimostrata dal fatto che nei giorni che precedono una gara una dieta ad alti carboidrati è in grado di prolungare la capacità di resistenza.

Ipoglicemia

La caduta della glicemia interferisce con il corretto funzionamento del sistema nervoso favorendo l’insorgenza di una fatica di tipo centrale. Il mantenimento della glicemia è garantito dal glicogeno epatico. In attività di lunga durata le scorte nel fegato sono intaccate successivamente a quelle muscolari.

Per questo la somministrazione di carboidrati contribuisce a mantenere costante la concentrazione plasmatica di glucosio.

Produzione di ammoniaca

Nell’esercizio di lunga durata protratto fino all’esaurimento, la riduzione del glicogeno comporta l’aumento della deaminazione dell’AMP e la formazione di IMP e NH3. Gli effetti di questo processo sono stati descritti sopra.

Teoria aminoacidica

Un aumento del rapporto aminoacidi aromatici/aminoacidi ramificati rappresenta una ulteriore causa di fatica. Oltre al glicogeno ed ai grassi anche gli aminoacidi ramificati (BCAA) vengono utilizzati come substrati energetici. Questo porta ad un aumento del triptofano libero che è libero di passare la barriera ematoencefalica (triptofano e BCAA sono competitivi). Nel cervello il triptofano viene convertito in serotonina che è uno dei mediatori del sonno.

L’aumento della serotonina determina sensazione di stanchezza, riduzione delle capacità coordinative ed inibisce il sistema dopaminergico responsabile dei normali livelli di attivazione nervosa.

L’aumento del triptofano è favorito anche dall’utilizzo degli acidi grassi. Gli acidi grassi sono trasportati nel sangue coniugati all’albumina. Anche il triptofano è legato all’albumina, per cui se questa si lega maggiormente con i grassi aumenta la quota di triptofano libero.

La fatica indotta da questi meccanismi è una fatica di tipo centrale.

Perdite idrosaline

Durante l’attività fisica si assiste ad un aumento della produzione metabolica di calore. Ciò dipende dal fatto che l’energia prodotta dai muscoli viene utilizzata solo in parte per compiere lavoro (30% circa) mentre il resto viene trasformato in calore.

Con l’aumento della temperatura si innescano i meccanismi termodispersivi per impedire che la temperatura interna si innalzi troppo. Con la sudorazione, oltre all’acqua, vengono persi anche elettroliti. Il sudore contiene infatti Na+, Cl, K+ e Mg2+.

La disidratazione riduce la portata cardiaca e quindi la quantità di sangue diretta alla muscolatura. Questo fatto va a sommarsi alla già diminuita quota di sangue che dai muscoli è dirottata alla cute per disperdere calore.

La perdita di elettroliti, in particolare K+ e Mg2+, altera l’eccitabilità delle membrane, come descritto in precedenza. Il Mg2+ inoltre è essenziale per il funzionamento della pompa sodio-potassio.

Fatica nelle attività ad impegno metabolico alternato

In questo gruppo di attività rientrano i giochi sportivi (calcio, rugby, pallamano), il tennis e gli sport da combattimento. La caratteristica fisiologica di questi sport è l’alternanza di fasi intense a fasi più blande. Nelle fasi intense prevale il metabolismo anaerobico mentre nelle fasi blande prevale il metabolismo aerobico.

In queste attività gli atleti devono essere in grado di prolungare la performance agonistica per tempi più o meno lunghi, mantenendo inalterata la capacità di ripetere azioni brevi esprimendo elevati livelli di potenza. Pertanto l’energia proviene dai meccanismi anaerobici. Il metabolismo aerobico serve a pagare il debito di ossigeno contratto durante le fasi più intense.

La fatica che insorge in queste attività dipende dai meccanismi anaerobici, con tutti i processi che abbiamo già visto. Bisogna tuttavia ricordare l’importanza di un metabolismo aerobico efficiente. Questo infatti aiuta il recupero nei momenti di pausa e può ritardare l’insorgere della fatica.

Fatica nelle attività isometriche

In uno sforzo isometrico il fattore che condiziona la resistenza è individuato nell’entità del flusso ematico. Quando l’intensità dell’esercizio è maggiore del 50% della massima capacità di contrazione volontaria, il flusso ematico si arresta.

Le cause della fatica negli esercizi isometrici vanno individuate negli stessi meccanismi descritti sopra (riduzione della fosfocreatina, acidosi metabolica) con l’aggravante dato dalla diminuzione del flusso ematico. L’interruzione del flusso ematico interrompe l’apporto di ossigeno e nutrienti ed impedisce la rimozione dei cataboliti.

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