Le proteine

Le proteine sono biomolecole formate da aminoacidi. Mediamente un soggetto adulto contiene tra 10 e 12 kg di proteine, con la maggiore quantità (tra 6 e 8 kg o tra il 60 e il 75% di tutte le proteine) localizzata all’interno dei muscoli scheletrici.

Circa 210 g di aminoacidi sono presenti in forma libera, specie la glutamina, un aminoacido particolarmente importante per la funzione delle cellule del sistema immunitario. Durante la digestione le proteine sono idrolizzate in aminoacidi per essere assorbite a livello dall’intestino tenue.

Il contenuto di proteine nell’adulto rimane sostanzialmente stabile, e non vi sono riserve di aminoacidi nel corpo. Gli aminoacidi non utilizzati per la sintesi delle proteine o altri componenti (ad esempio ormoni) o per il metabolismo energetico, forniscono il substrato per la gluconeogenesi, oppure sono convertiti in triacilgliceroli per essere immagazzinati negli adipociti.

Struttura delle proteine

Strutturalmente le proteine sono simili ai carboidrati ed ai lipidi in quanto contengono atomi di carbonio, idrogeno ed ossigeno. Queste molecole, tuttavia, contengono anche il 16% di azoto, insieme allo zolfo e, occasionalmente, fosforo, cobalto e ferro.

La struttura di una proteina determina la sua funzione. Sono riconosciuti quattro livelli di struttura.

La struttura primaria è quella che determina il tipo di proteina e che la rende un enzima, un ormone oppure un anticorpo. Questa è definita dai legami covalenti che legano tra loro gli aminoacidi in una catena polipeptidica.

La struttura secondaria rappresenta la conformazione spaziale della catena aminoacidica. Essa descrive l’organizzazione spaziale della catena principale senza tener conto della catena laterale. Le principali configurazioni sono l’α elica, la configurazione β e il ripiegamento β. La struttura secondaria è stabilizzata da legami a idrogeno.

proteine

La struttura terziaria si riferisce alla disposizione nello spazio di tutti gli atomi di una catena polipeptidica.

La struttura quaternaria indica la disposizione delle varie catene polipeptidiche in complessi tridimensionali.

Considerando i livelli strutturali appena visti possiamo classificare le proteine in due gruppi principali: globulari e fibrose.

Le proteine globulari hanno le catene peptidiche ripiegate e assumono forma sferica, mentre quelle fibrose hanno le catene peptidiche disposte in lunghi fasci. La differente forma delle proteine si riflette in una differente funzione. Per esempio gli enzimi sono proteine globulari mentre le proteine strutturali di sostegno delle cellule sono fibrose.

I legami peptidici tengono insieme le unità di aminoacidi in catene che danno luogo a differenti strutture e combinazioni chimiche. Due aminoacidi legati producono un dipeptide, dal legame di tre aminoacidi si produce un tripeptide, e così via.

Un polipeptide è formato da una catena che contiene da 50 a più di 1000 aminoacidi. Combinazioni di più di 50 aminoacidi formano le proteine, l’organismo ne può sintetizzare circa 80000 tipi differenti.

In totale circa 50000 differenti composti contenenti proteine sono presenti nel corpo umano. Le funzioni biochimiche e le proprietà di ogni proteina dipendono dalla sequenza specifica degli aminoacidi che le compongono. Delle funzioni delle proteine è stato discusso qui.

I 20 aminoacidi possiedono un gruppo aminico carico positivamente ad una estremità e un gruppo acido carico negativamente all’altra. Il gruppo aminico possiede due atomi di idrogeno legati all’azoto (NH2), mentre il gruppo acido (carbossilico) è formato da un atomo di carbonio, 2 atomi di ossigeno e 1 di idrogeno (COOH). La porzione rimanente della molecola, spesso riferita come gruppo R o catena laterale, presenta una porzione variabile che differisce da aminoacido ad aminoacido.

La specifica struttura del gruppo R determina le caratteristiche chimiche degli aminoacidi. Le potenziali combinazioni dei 20 aminoacidi possono dare un numero quasi infinito di proteine differenti. Ad esempio, legando insieme solo tre aminoacidi si possono generare 8000 proteine differenti.

Tipi di proteine

Otto aminoacidi (nove nei bambini e negli anziani) non possono essere sintetizzati dall’organismo, e devono pertanto essere introdotti con la dieta. Si tratta degli aminoacidi essenziali (isoleucina, leucina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano e valina).

L’organismo è in grado di sintetizzare la cisteina dalla metionina e la tirosina dalla fenilalanina. I neonati non possono sintetizzare l’istidina, mentre in età pediatrica esiste una ridotta capacità di sintesi dell’arginina. L’organismo riesce a sintetizzare i rimanenti nove aminoacidi non essenziali. Il termine non essenziali indica che essi possono essere sintetizzati nell’organismo in quantità sufficienti alle necessità di sintesi a partire da composti precursori.

Le proteine che contengono gli aminoacidi essenziali possono essere presenti negli alimenti di origine sia animale che vegetale. Non esistono differenze tra aminoacidi di origine vegetale e animale riguardo le loro proprietà e funzioni fisiologiche.

Le piante sintetizzano aminoacidi attraverso l’incorporazione dell’azoto contenuto nel terreno (insieme a carbonio, idrogeno e ossigeno dall’acqua e dall’aria). Gli animali non possiedono una simile capacità di sintesi e pertanto si basano sulla disponibilità di proteine assunte con la dieta.

La sintesi di una specifica proteina richiede un’adeguata disponibilità degli aminoacidi. Si possono definire proteine complete (o nobili) quelle che forniscono tutti gli aminoacidi essenziali nelle quantità e nei rapporti reciproci corretti per garantire il bilancio dell’azoto, che a sua volta dipende dalle necessità di sintesi delle proteine per l’accrescimento corporeo o per il suo rimodellamento.

Una proteina si definisce incompleta quando non contiene tutti gli aminoacidi essenziali. Una dieta basata sull’assunzione di proteine incomplete porta a fenomeni di malnutrizione, indipendentemente dal fatto che contenga adeguate quantità di proteine o calorie.

Fonti di proteine

Fonti di proteine nobili comprendono le uova, il latte, la carne, il pesce e il pollame. L’assetto dietetico odierno, specie nelle nazioni maggiormente industrializzate, prevede una maggiore assunzione di proteine di origine animale, con conseguente aumento dell’assunzione di colesterolo e acidi grassi saturi.

Il valore biologico di un cibo rappresenta la sua bontà in termini di capacità di fornire proteine con alto valore biologico. Le proteine di origine animale posseggono sempre proteine nobili, quelle vegetali (contenute in lenticchie, fagioli, piselli, cereali ecc.) sono incomplete, mancando sempre di uno o più aminoacidi essenziali. Per queste ragioni, le loro proteine hanno un basso valore biologico.

Dieta vegana

I vegani consumano unicamente nutrienti di due tipi: quelli derivati dal regno vegetale e gli integratori alimentari. Le differenze nutrizionali costituiscono l’elemento chiave di questi individui. Ad esempio, la dieta dei vegani, se è formata per il 60% da proteine che derivano da cereali, per il 35% da quelle dei legumi e per il 5% da quelle di ortaggi a foglia, contiene tutti gli aminoacidi essenziali richiesti nella dose giornaliera raccomandata di proteine.

Le diete vegetariane ben bilanciate sono una fonte abbondante di carboidrati cruciali per allenamenti intensi. Queste diete contengono poco o niente colesterolo, fibre in abbondanza, e sono ricche di frutta e vegetali, fonti di vari composti fitochimici e vitamine antiossidanti.

Le diete latto-vegetariane includono, oltre agli alimenti di origine vegetale, anche latte e suoi derivati come gelato, formaggio e yogurt. Queste diete hanno come fonte proteica principale il latte, il quale fornisce sufficienti quantità di proteine nobili e aumenta rapporto di calcio, fosforo e vitamina B12.

Fonti di ferro non derivanti dalla carne comprendono cereali processati pronti al consumo, semi di soia e farine cotte, mentre cereali e germe di grano contengono quantità relativamente alte di zinco. Aggiungendo le uova alla dieta si assicura il consumo di proteine di alta qualità.

Assunzione raccomandata

A differenza della convinzione di molti allenatori ed atleti, non esiste un reale vantaggio nell’aumentare in modo eccessivo l’apporto proteico giornaliero. La massa muscolare non incrementa semplicemente consumando cibi ricchi di proteine. Le diete di atleti che seguono allenamenti di resistenza o di potenza, spesso eccedono di due o tre volte il consumo raccomandato di carne.

Non si verifica aumento delle masse muscolari semplicemente aumentando la quota proteica assunta giornalmente. È facile infatti calcolare che se tutte le proteine assunte in eccesso fossero usate per la sintesi di tessuto muscolare, l’ipertrofia muscolare conseguente sarebbe di proporzioni enormi, fatto che in realtà non si osserva. Ad esempio, se un’assunzione di 100 g in più di proteine al giorno si traducesse in sintesi di nuova massa muscolare, questa aumenterebbe di circa 500 g, e questo ovviamente non accade. Il limite fisiologico in soggetti predisposti è di 30 g al giorno.

Le proteine assunte in eccesso vanno incontro al processo di deaminazione e pertanto entrano in cicli metabolici che possono portare alla sintesi di altre sostanze, inclusi i lipidi del deposito sottocutaneo.

La dose giornaliera raccomandata (DGR) di proteine necessarie all’organismo per prevenire deficit nutrizionali è di 0,83 g di proteine per kg di massa corporea.

È importante inoltre notare che i valori di DGR riflettono i fabbisogni nutrizionali di una popolazione durante lunghi periodi di tempo; le esigenze specifiche di un individuo devono essere valutate per mezzo di indagini.

Generalmente, la DGR e quindi la richiesta di aminoacidi essenziali diminuisce con l’età. Per bambini e soggetti nell’età dello sviluppo, la DGR sale da 2 a 4 g per kg di massa corporea. Nel caso di donne in gravidanza occorre aumentare l’apporto proteico mediamente di 20 g, mentre durante l’allattamento l’apporto proteico deve aumentare di 10 g. Per gli atleti un valore di 1,5-2 g per kg di peso è sufficiente.

Un aumento del 10% nel calcolo del fabbisogno proteico deve essere considerato nelle diete di tipo vegetariano, tenendo conto del fatto che la presenza di una maggiore quantità di fibre si riflette in una minore digeribilità delle proteine da fonti vegetali. In condizioni di stress, malattia o in presenza di lesioni che implicano una nuova sintesi proteica, le necessità di proteine aumentano.

Dinamiche del metabolismo proteico

La principale funzione delle proteine della dieta è quella di fornire aminoacidi da utilizzare nei processi anabolici; una quota proteica va tuttavia incontro a una degradazione catabolica che porta alla formazione di energia. In soggetti ben nutriti a riposo il catabolismo delle proteine contribuisce per il 2-5% alla copertura della richiesta energetica giornaliera. Il catabolismo delle proteine prevede che queste vengano ridotte a singoli aminoacidi. L’azoto viene poi liberato in un processo che si verifica nel fegato (deaminazione) formando urea.

A questo punto l’organismo può provvedere alla risintesi di un nuovo aminoacido, oppure alla sintesi di carboidrati e lipidi, o ancora al completo catabolismo del composto deaminato con conseguente liberazione di energia. L’urea che si forma dal processo di deaminazione (inclusa una piccola parte di ammoniaca) viene eliminata con le urine.

Siccome l’urea è eliminata nelle urine disciolta in acqua, un aumento del catabolismo proteico, e quindi della formazione di urea, implica una maggior perdita di fluidi per la formazione dell’urina.

Nei muscoli esistono enzimi in grado di trasferire il gruppo aminico che proviene da alcuni aminoacidi ad altri composti, attraverso il processo reversibile detto di transaminazione. Questo processo consente di trasferire il gruppo aminico da un aminoacido donatore a uno accettore (un chetoacido) con la formazione di un nuovo aminoacido.

Nel muscolo, la transaminazione incorpora aminoacidi ramificati (BCAA) che generano chetoacidi ramificati. Questo consente la formazione di aminoacidi da composti organici che non contengono azoto, come il piruvato formato nel metabolismo. Sia nelle reazioni di deaminazione che in quelle di transaminazione, lo scheletro carbonioso può a sua volta essere completamente catabolizzato con ulteriore liberazione di energia.

Dopo la deaminazione, lo scheletro carbonioso di α-chetoacidi come quello del piruvato, ossalacetato o dell’α-chetoglutarato, possono seguire diverse vie biochimiche che includono:

  • gluconeogenesi, 18 dei 20 aminoacidi possono essere usati per la sintesi del glucosio;
  • fonte energetica, lo scheletro carbonioso può essere ossidato per formare energia attraverso la formazione di intermedi che entrano nel ciclo dell’acido citrico;
  • sintesi di grassi, tutti gli aminoacidi costituiscono una fonte potenziale di acetil-CoA capaci di fornire il substrato per la sintesi degli acidi grassi.

Bilancio dell’azoto

Il bilancio dell’azoto si ha quando l’assunzione di azoto (sotto forma di proteine) eguaglia la sua escrezione secondo la relazione:

Ni-Nu-Nf-Ns = 0

dove Ni = azoto totale assunto con il cibo; Nu = azoto nelle urine; Nf= azoto nelle feci; e Ns azoto nel sudore.

Un bilancio positivo indica che l’assunzione eccede le perdite e pertanto si è verificata sintesi proteica. Questa condizione si verifica nei bambini, in gravidanza, nel corso del processo di guarigione dalle malattie, e anche nel corso di allenamento ad esercizi di potenza, quando le cellule muscolari promuovono sintesi di proteine.

Non è possibile che, come nel caso dei grassi e in misura più modesta per i carboidrati nel muscolo e nel fegato, l’organismo crei una scorta di proteine. Ciononostante, il contenuto proteico di muscoli e fegato è maggiore in soggetti che hanno un maggior apporto proteico rispetto a coloro che hanno una dieta povera in proteine.

Ricerche basate sull’utilizzo di proteine marcate (iniettando proteine con uno o più atomi di carbonio marcati) ha dimostrato che una quota significativa di quelle muscolari siano reclutate per il metabolismo energetico, mentre altre, come quelle strutturali dei neuroni o del connettivo sono relativamente fisse come costituenti cellulari e non vengono mobilizzate se non a costo di compromettere le funzioni tissutali.

Un bilancio negativo dell’azoto indica la prevalenza del catabolismo proteico, principalmente a carico del tessuto muscolare. Un bilancio negativo dell’azoto può verificarsi anche se l’assunzione giornaliera di proteine è superiore alle quote raccomandate nel caso in cui l’apporto calorico di altri substrati energetici sia fortemente carente. Da questo punto di vista il risparmio di proteine che si realizza quando l’organismo ricorre principalmente all’uso di carboidrati e lipidi risulta molto importante nelle fasi di accrescimento corporeo o nel corso di allenamenti molto pesanti.

Ad esempio, un individuo sottoposto regolarmente ad allenamenti intensi potrebbe consumare un’adeguata quantità di proteine ma non di lipidi e carboidrati. In questo scenario, le proteine diventano la principale fonte energetica, che crea un bilancio negativo per le proteine (azoto) che porta conseguentemente a una diminuzione della massa muscolare.

Il ruolo dei carboidrati e dei lipidi come risparmiatori di proteine diventa particolarmente importante durante i periodi di crescita e quelli in cui si osserva un elevato consumo di energia o sintesi di tessuti a seguito di allenamenti intensi. Un bilancio negativo per l’azoto si ha durante situazioni patologiche come il diabete, febbre, ustioni, severe restrizioni alimentari, somministrazioni di steroidi e convalescenza dopo importanti malattie.

Un bilancio fortemente negativo dell’azoto si verifica nel digiuno. Per questo motivo, le diete che comportano una forte riduzione nell’apporto calorico, in particolare della quota di carboidrati, causano non solo una forte deplezione di glicogeno ma anche un bilancio negativo dell’azoto che, in definitiva, porta a riduzione della massa muscolare.

Mentre la scissione delle proteine aumenta solo in misura modesta con l’esercizio, la sintesi delle proteine muscolari aumenta in modo sostanziale a seguito di esercizi di potenza o di resistenza. La sintesi delle proteine muscolari aumenta tra il 10% e l’80% nelle 4 ore seguenti la fine di un esercizio aerobico, rimanendo elevata per almeno 24 ore.

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