Le fasi della supercompensazione

Abbiamo già trattato questo argomento tempo fa (La teoria della supercompensazione) spiegando che questa teoria non permette di programmare le sessioni di allenamento in modo preciso. Tuttavia, sebbene il recupero degli atleti non possa essere dettato da una curva su un grafico, ci sono dei fattori da prendere in considerazione. Questi fattori riguardano il tempo medio in cui l’organismo recupera da determinati stimoli.

Iniziamo col dividere il ciclo di supercompensazione in quattro fasi, che si verificano in sequenza.

supercompensazione

Fase I

La fase uno dura fino a 2 ore dopo il termine dell’attività.

Dopo l’allenamento, il corpo sperimenta la stanchezza. L’affaticamento indotto dall’esercizio si verifica tramite i meccanismi centrali e periferici. La fatica è un fenomeno causato da diversi fattori, di cui abbiamo già discusso qui La fatica muscolare.

In questa breve fase abbiamo:

  • riduzione nell’attivazione neurale del muscolo, generalmente associata all’affaticamento centrale;
  • aumento dei livelli di serotonina nel cervello, che possono portare ad affaticamento mentale;
  • compromissione della trasmissione neuromuscolare e dell’impulso di propagazione;
  • riduzione dei substrati energetici quali riserve di glicogeno muscolare e fosfocreatina;
  • accumulo di acido lattico che provoca uno stato di acidosi che può diminuire la generazione di forza a seguito di alterazioni delle proprietà contrattili;
  • la formazione di fosfato inorganico (Pi) che si forma dalla scissione dell’ATP e del PCr, che causa affaticamento muscolare;
  • DOMS causati dalla componente eccentrica dell’esercizio. I DOMS possono durare fino a 24 ore a seconda del grado di danno muscolare.

Per approfondire i processi fisiologici della fatica vi rimando all’articolo specifico.

Fase II

La durata della fase due va da 24 a 48 ore. Non appena l’allenamento è terminato, inizia la fase di compensazione (riposo). Durante la fase di compensazione si verifica il ripristino delle riserve energetiche. Le riserve di ATP vengono ripristinate in 3-5 minuti dalla cessazione dell’esercizio, ed entro 8 minuti abbiamo la risintesi di PCr.

Intensità molto elevate possono richiedere fino a 15 minuti di recupero dopo l’esercizio affinché la PCr sia completamente restaurata. A seconda del volume, dell’intensità e del tipo di allenamento, il pool di ATP e PCr può essere aumentato al di sopra dei livelli normali.

Il glicogeno muscolare di solito viene ripristinato ai livelli basali entro 24 ore. Se si verifica un danno muscolare esteso, è necessario più tempo. La velocità con cui il glicogeno muscolare viene ripristinato è direttamente correlata alla quantità di carboidrati consumati durante il periodo di compensazione.

Il dispendio energetico a riposo è elevato, questo è dovuto all’aumento del consumo di ossigeno dopo l’esercizio, noto come EPOC. È prevedibile un aumento del dispendio energetico con durata variabile da 15 a 38 ore, a seconda dell’entità dell’allenamento.

Oltre all’EPOC, l’aumento della sintesi delle proteine, l’aumento della termogenesi indotta dagli ormoni tiroidei e l’aumento dell’attività del sistema nervoso simpatico giocano un ruolo nell’aumentare il tasso di dispendio energetico dopo l’esercizio.

Dopo l’allenamento si verifica un aumento del tasso di sintesi proteica. Entro 4 ore dopo l’esercizio contro resistenze, il tasso di sintesi proteica muscolare è aumentato del 50% ed entro 24 ore sale al 109%. Il tasso di risintesi proteica torna al valore basale entro 36 ore. Pertanto, si pensa che questa fase del ciclo di supercompensazione sia l’inizio della fase anabolica.

Fase III

La fase tre ha una durata di 36-72 ore.

Questa fase di allenamento è caratterizzata da una supercompensazione della performance. La capacità di generare forza e il dolore muscolare sono tornati al valore di base 72 ore dopo l’esercizio e le riserve di glicogeno sono completamente reintegrate.

Si verifica anche una supercompensazione psicologica, che può essere caratterizzata da un’elevata fiducia, pensiero positivo e capacità di far fronte allo stress dell’allenamento.

Fase IV

La durata dell’ultima fase varia da 3 a 7 giorni.

Se l’atleta non applica un altro stimolo al momento ottimale, si verifica una diminuzione dei benefici fisiologici ottenuti durante la fase di supercompensazione.

A seguito degli stimoli ottimali di una sessione di allenamento, il periodo di recupero, compreso la fase di supercompensazione, è di circa 24 ore. Variazioni nella durata della fase di supercompensazione dipendono dal tipo e dall’intensità dell’allenamento.

Ad esempio, dopo una sessione di allenamento di resistenza aerobica di media intensità, la supercompensazione può verificarsi dopo circa 6-8 ore. D’altro canto attività intense che necessitano di un’elevata richiesta al sistema nervoso centrale possono richiedere più di 24 ore, a volte fino a 48 ore, affinché si verifichi la supercompensazione.

Atleti d’élite che seguono programmi di allenamento che non consentono 24 ore di riposo tra le sessioni di allenamento non supercompensano in modo completo dopo ogni sessione di allenamento. Questo non è un problema in quanto l’allenatore alterna l’intensità delle sessioni di allenamento, che altera efficacemente il fabbisogno energetico della sessione (la cosiddetta alternanza dei carichi).

Il tasso di miglioramento è maggiore quando gli atleti partecipano a sessioni di allenamento più frequenti. Quando esistono lunghi intervalli tra le sessioni, come quando l’allenamento viene eseguito tre volte alla settimana, l’atleta sperimenterà un miglioramento generale inferiore rispetto a quando l’allenamento viene svolto più frequentemente.

Se l’atleta è esposto troppo frequentemente a sessioni di allenamento ad alta intensità, la capacità del corpo di adattarsi agli stimoli dell’allenamento sarà compromessa e potrà verificarsi il sovrallenamento.

Alcuni allenatori che intendono proiettare un’immagine di sé da duri, credono che gli atleti debbano raggiungere l’esaurimento in ogni allenamento (il famoso no pain, no gain).

In tali circostanze, gli atleti non hanno il tempo di compensare a causa degli elevati livelli di fatica generati. All’aumentare della fatica, l’atleta richiederà più tempo di rigenerazione. Se vengono aggiunte sessioni di duro allenamento con troppa frequenza, i tempi di recupero continueranno ad allungarsi. Pertanto, una pratica migliore è quella di alternare sessioni ad alta e bassa intensità nel piano di formazione in modo che la compensazione possa verificarsi.

Conclusioni

Per massimizzare le prestazioni dell’atleta, l’allenatore deve sfidare regolarmente le sue capacità, elevando il tetto dell’adattamento e, in definitiva, della performance.

Per farlo nel modo corretto l’allenatore deve alternare allenamenti ad alta intensità con allenamenti a bassa intensità. Se fatto in modo appropriato, questo programma porterà ad un effetto di supercompensazione. Man mano che l’atleta si adatta all’allenamento, saranno raggiunti nuovi livelli di omeostasi e per questo saranno richiesti livelli di allenamento più elevati. Al contrario, se l’intensità dell’allenamento non è pianificata bene, la curva di compensazione non supererà i livelli precedenti di omeostasi e l’atleta non beneficerà della supercompensazione.

Elevati livelli di affaticamento derivanti da continue o troppo frequenti intensità di allenamento attenueranno gli effetti della supercompensazione e impediranno all’atleta di raggiungere le massime prestazioni.