I carboidrati

I carboidrati sono biomolecole formate da atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno. La formula generale che li rappresenta è (CH₂O)ₙ dove n varia da 3 a 7 atomi di carbonio con idrogeno e ossigeno legati attraverso legami semplici. Il numero di zuccheri semplici legati ad ognuna di queste molecole differenzia i vari tipi di carboidrati.

I carboidrati sono generalmente classificati in:

  • monosaccaridi;
  • oligosaccaridi;
  • polisaccaridi.

Monosaccaridi

I monosaccaridi rappresentano le unità di base dei carboidrati. Il glucosio è un composto di 6 atomi di carbonio che si trova comunemente negli alimenti ed è anche prodotto all’interno dell’organismo a seguito della digestione di carboidrati più complessi.

La gluconeogenesi è il processo mediante il quale si sintetizza glucosio, principalmente nel fegato, a partire dalle strutture carboniose di altri composti (aminoacidi, glicerolo, piruvato e acido lattico).

Dopo l’assorbimento intestinale, il glucosio può essere utilizzato come substrato energetico per il metabolismo cellulare, formare glicogeno per essere immagazzinato nel fegato e nel muscolo, o essere convertito in grassi per un uso successivo come fonte energetica.

Il glucosio è formato da 6 atomi di carbonio, 12 di idrogeno e 6 di ossigeno. Ogni atomo di carbonio ha quattro siti di legame con cui può legare altri atomi, incluso il carbonio stesso. I legami non usati per legare altri atomi di carbonio possono essere usati per legare idrogeno (una sola valenza di legame), ossigeno (con due valenze) oppure un gruppo ossidrile (OH).

Il fruttosio e il galattosio sono due zuccheri semplici che possiedono la stessa formula chimica del glucosio, ma una differente formula di struttura per quanto riguarda i legami del carbonio all’idrogeno e all’ossigeno. Queste differenze strutturali rendono fruttosio, galattosio e glucosio differenti nelle loro caratteristiche biochimiche.

Il fruttosio, il più dolce degli zucchero semplici, è contenuto in grandi quantità nella frutta e nel miele. Nonostante una quota di fruttosio possa essere assorbita direttamente dal lume intestinale nel sangue, esso viene convertito in glucosio nel fegato. Il galattosio non si trova libero in natura; lo si trova combinato con il glucosio a formare lo zucchero del latte (lattosio) prodotto dalla ghiandola mammaria degli animali che allattano. Nell’organismo viene convertito in glucosio per produrre energia metabolica.

Oligosaccaridi

Gli oligosaccaridi si formano quando 2-10 monosaccaridi si combinano insieme attraverso legami chimici. I principali oligosaccaridi, i disaccaridi, si formano quando due molecole di monosaccaridi si combinano insieme. Monosaccaridi e disaccaridi sono indicati come zuccheri semplici. Tutti i disaccaridi contengono glucosio.

I tre principali disaccaridi sono:

  • saccarosio;
  • lattosio;
  • maltosio.

Il saccarosio (glucosio + fruttosio) è il disaccaride più comune, è presente naturalmente in molti cibi che contengono carboidrati, in particolare nelle barbabietole, nello zucchero di canna e in quello grezzo, nello sciroppo d’acero e nel miele.

Il lattosio (glucosio + galattosio) è uno zucchero che non si trova nelle piante, in natura esiste solo nel latte ed è il meno dolce dei disaccaridi.

Il maltosio (glucosio + glucosio) è presente nella birra, nei cereali e nei germogli. Definito anche zucchero di malto, questo viene rapidamente scisso in due molecole di glucosio, tuttavia fornisce solo un piccolo contributo tra i carboidrati assunti con l’alimentazione.

carboidrati

Polisaccaridi

Il termine polisaccaridi definisce polimeri di zuccheri formati dal legame da tre fino a migliaia di monosaccaridi. I polisaccaridi si formano attraverso il processo di sintesi chimica della deidratazione, in cui una molecola di acqua viene persa per formare una molecola più complessa. I polisaccaridi possono essere sia di origine vegetale che animale.

Polisaccaridi di origine vegetale

Due forme comuni di polisaccaridi di origine vegetale sono l’amido e le fibre. L’amido è la forma di deposito dei carboidrati nelle piante, si trova nei semi, nel mais ed in differenti granaglie utilizzate per il pane, pasta e in pasticceria. Grandi quantità si trovano anche in piselli, fagioli, patate e vari tuberi, dove l’amido viene utilizzato come fonte energetica di scorta.

L’amido esiste in due forme:

  • l’amilosio, una lunga catena lineare di monomeri di glucosio che si avvolge a spirale;
  • l’amilopectina, in cui i monomeri formano strutture altamente ramificate.

Le proporzioni relative di queste due forme di amido contenute nelle varie specie di piante determinano le caratteristiche dell’amido stesso inclusa la sua digeribilità. Amidi relativamente ricchi in amilopectine vengono assorbiti e digeriti rapidamente, mentre amidi con un elevato contenuto di amilosio vengono scissi più lentamente.

Le fibre, classificate come polisaccaridi non polimerizzati, includono la cellulosa, la molecola organica più abbondante del pianeta. Le fibre si trovano esclusivamente nelle piante, nelle quali costituiscono la struttura delle foglie, dei rami, delle radici, dei semi, e nella buccia della frutta. Sono in grado di resistere alla digestione enzimatica intestinale, anche se una parte va incontro a fermentazione da parte della flora batterica. Da tale processo possono derivare prodotti che possono partecipare ai processi metabolici.

Polisaccaridi di origine animale

Il glicogeno costituisce la forma di deposito dei carboidrati nei muscoli e nel fegato.

Si tratta di un polisaccaride ad elevato peso molecolare originato dalla polimerizzazione del glucosio nel processo della glicogenosintesi. Il glicogeno può contenere da poche centinaia fino a 30 000 molecole di glucosio legate insieme a catena con anche ramificazioni laterali. La sua struttura compatta produce densi granuli all’interno delle cellule, che possono differire in composizione, localizzazione e stato metabolico.

La sintesi di glicogeno a partire dal glucosio si realizza attraverso l’aggiunta sequenziale di unità di glucosio ad un polimero esistente di glicogeno. Il processo di sintesi richiede energia, infatti viene utilizzata una molecola di adenosina trifosfato (ATP) e una molecola di uridina trifosfato (UTP) per ogni monomero di glucosio aggiunto.

In un soggetto di 80 kg sono immagazzinati circa 500 g di carboidrati. Di questa quota, quelli presenti nei muscoli costituiscono la scorta maggiore (circa 400 g). Nel fegato si trovano circa 90-110 g, dove raggiungono la concentrazione tissutale più alta costituendo dal 3 al 7% del peso. Infine solo 2-3 g sono rappresentati dal glucosio nel sangue.

Molti fattori influenzano la velocità di scissione e risintesi di glicogeno. Durante l’esercizio fisico il glicogeno muscolare fornisce la principale fonte di energia per sostenere l’attività muscolare (La respirazione anaerobica). Nel fegato il glicogeno viene riconvertito rapidamente a glucosio per essere rilasciato nel sangue, da dove può rifornire i muscoli durante l’attività fisica.

La glicogenolisi descrive la riconversione del glicogeno in glucosio. La scissione del glicogeno implica la liberazione di singole unità di glucosio attraverso il trasferimento di un fosfato ad alta energia. In caso di deplezione del glicogeno dal fegato o dai muscoli, come conseguenza di una restrizione dietetica di carboidrati o di un esercizio fisico intenso, viene stimolata la sintesi di glucosio. Questo processo avviene attraverso la via metabolica della gluconeogenesi, che si realizza a spese di componenti strutturali, in particolare le proteine.

Gli ormoni giocano un ruolo chiave nel regolare il livello di glicogeno epatico e muscolare attraverso il controllo operato sui livelli di zucchero ematico. Quando la glicemia aumenta, le cellule beta del pancreas secernono insulina; questo facilita l’assorbimento cellulare del glucosio e inibisce un’ulteriore secrezione di insulina.

Questa regolazione a retroazione consente di mantenere i livelli di glicemia intorno a un valore fisiologico. Al contrario, se si verifica ipoglicemia le cellule alfa del pancreas secernono glucagone per normalizzare la concentrazione di zucchero ematico. Il glucagone (ormone antagonista dell’insulina) è un peptide di 29 aminoacidi capace di aumentare la glicemia stimolando nel fegato la glicogenolisi e la gluconeogenesi.

La quantità di glicogeno immagazzinata nell’organismo è modesta e può essere modificata considerevolmente dalla dieta.

Dosi giornaliere raccomandate di carboidrati

Cereali, legumi e dolci sono fonti ricche di carboidrati. I frutti freschi, a causa del maggiore contenuto in acqua, a parità di peso, sono fonti meno ricche di carboidrati.

Per soggetti fisicamente attivi, la quota calorica giornaliera coperta dai carboidrati dovrebbe rappresentare circa il 60% delle calorie giornaliere, costituite prevalentemente da frutta ricca di fibre, cereali e ortaggi.

Durante i periodi di allenamento intenso si raccomanda di incrementare il consumo di carboidrati fino a un 70% del totale delle calorie consumate (da 8 a 10 g per kg di massa corporea). Il sedentario normopeso non dovrebbe scendere sotto i 3-4 g per kg di peso.

Una dieta ricca, oppure povera di carboidrati permette di modificare la quantità di glicogeno immagazzinata nell’organismo, anche a parità di calorie. Ad esempio, dopo 24 ore di una dieta normocalorica ma povera di carboidrati si verifica un impoverimento delle riserve di glicogeno. D’altra parte mantenere una dieta ricca di carboidrati per numerosi giorni può raddoppiare le quantità di glicogeno rispetto a una dieta bilanciata.

Il limite massimo di glicogeno accumulabile per un individuo è di circa 15 g per chilogrammo di massa corporea, equivalente a circa 1050 g per un uomo di 70 kg e 840 g per una donna di 56 kg.

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