Fisiologia dell’allenamento della resistenza

La capacità di resistenza è influenzata da diversi fattori anatomo-fisiologici come per esempio il numero di fibre rosse nei muscoli dell’atleta. L’allenamento della resistenza protratto nel tempo provoca cambiamenti delle strutture biologiche come l’aumento delle dimensioni cardiache e l’aumento del numero e delle dimensioni dei mitocondri. Vediamo di analizzarli uno ad uno.

Le fibre muscolari

Per semplicità possiamo dividere le fibre muscolari in tre gruppi: le fibre rosse a conduzione lenta (ST slow twich), le fibre bianche intermedie e le fibre bianche veloci (FT fast twich).

Normalmente la ripartizione dei vari tipi di fibre è cinquanta e cinquanta ed è geneticamente determinata, per cui atleti talentuosi per la resistenza hanno un numero maggiore di fibre ST mentre i talenti in sport di forza e rapidità posseggono un numero maggiore di fibre FT.

Il massimo consumo di ossigeno è considerato un parametro molto importante per la prestazione di resistenza, è stato dimostrato uno stretto rapporto tra percentuale di fibre ST e VO2max per cui non stupisce che atleti di vertice abbiano una distribuzione di fibre ST che può costituire fino al 90% della muscolatura. Attraverso un allenamento pluriennale dell’allenamento della resistenza si ha una trasformazione delle fibre FT in fibre ST con conseguente miglioramento della capacità aerobica.

Un vantaggio particolarmente importante di una elevata percentuale di fibre a contrazione lenta riguarda la migliore capacità di eliminazione del lattato rispetto alle fibre a contrazione rapida, questa capacità è dovuta alla maggiore densità di capillari presenti nelle fibre ST.

Riserve muscolari di energia

Per compiere lavoro il muscolo utilizza energia attraverso la combustione dei substrati energetici. Tali substrati si trovano immagazzinati nel muscolo sotto forma di glicogeno o goccioline di trigliceridi, oppure vengono prelevati dai depositi di glicogeno del fegato e del tessuto adiposo e trasportati ai muscoli per via emetica.

Per l’organismo il glicogeno è la fonte di energia più importante in quanto il cervello ne ha un bisogno costante (da solo ne utilizza circa 120 g al giorno), inoltre un abbassamento della glicemia produce un peggioramento della concentrazione e della coordinazione. Un altro motivo dell’importanza del glicogeno riguarda il suo utilizzo in assenza di ossigeno, gli acidi grassi non possono essere bruciati in condizioni di anaerobiosi, mentre gli zuccheri si.

Grazie ad un regolare allenamento della resistenza si ha un continuo svuotamento e successivo reintegro delle riserve energetiche (i valori di glicogeno epatico tornano al livello iniziale in 46 ore) che possono aumentare fino al 100%. Nei soggetti non allenati le riserve di glicogeno nel fegato sono di 200-300 g mentre nella muscolatura di 60-100 g, con l’allenamento tali valori aumentano fino a oltre il doppio.

Attività enzimatiche e mitocondri

L’allenamento della resistenza aerobica porta ad un miglioramento dell’attività enzimatica per la trasformazione dell’energia per via aerobica (La respirazione aerobica), incrementando la loro velocità di utilizzazione migliorando il rifornimento di energia e migliorando la resistenza alla fatica. L’allenamento della resistenza anaerobica porta ad un miglioramento della capacità enzimatica anaerobica (La respirazione anaerobica). Aumentando gli enzimi glicolitici quali la piruvatochinasi e la lattatodeidrogenasi, migliora la capacità di fornire energia nonostante la presenza di acido lattico.

Il miglioramento della resistenza aerobica porta ad un aumento del numero e delle dimensioni dei mitocondri. La capacità di funzionamento dei mitocondri viene danneggiata da un allenamento anaerobico lattacido svolto frequentemente; con carichi intensivi di questo tipo si producono rigonfiamenti e distruzione delle membrane.

L’eccessiva acidificazione intracellulare diminuisce la capacità rigenerativa delle strutture mitocondriali che quindi non sono in grado di ripararsi con la necessaria rapidità. Nel lungo periodo questa situazione porta ad una loro distruzione con conseguente diminuzione della capacità aerobica e diminuzione della capacità di recupero e resistenza alla fatica.

Meccanismi ormonali

L’allenamento della resistenza produce effetti sul sistema ormonale i quali contribuiscono ad un incremento della capacità di prestazione. A livello endocrino si produce una ipertrofia delle ghiandole che porta ad un aumento della funzionalità ormonale. In soggetti allenati alla resistenza troviamo quantità maggiori di adrenalina e noradrenalina, la maggior produzione di catecolamine migliora la capacità di mobilitazione allo sforzo e permette di sfruttare le proprie riserve di prestazione.

Un altro effetto dell’allenamento di resistenza riguarda la riduzione del tono del sistema nervoso simpatico e aumenta l’attività vagale. La diminuzione del tono simpatico porta ad una ridotta increzione degli ormoni dello stress (adrenalina e noradrenalina) a riposo o in attività non massimali.

Sangue e capillari

Gli atleti allenati alla resistenza presentano un contenuto di sangue maggiore e un più elevato tasso di emoglobina. Si stima che il 70% del miglioramento del VO2max debba essere attribuito all’incremento dell’emoglobina e del volume di sangue; volume che può essere di 1,5 l in più rispetto a chi non pratica sport. Grazie all’aumento del volume ematico migliora la gittata sistolica e diminuisce così la frequenza cardiaca aumentando l’efficienza funzionale cardiaca.

Con l’aumento del volume ematico è maggiore anche la capacità tampone del sangue, questo significa minore affaticabilità generale e locale anche in carichi intensivi anaerobici. Questi adattamenti sono causati da carichi aerobici voluminosi (metodi estensivi) e non da carichi intensivi anaerobici.

Il trasporto di ossigeno e sostanze nutritive e la rimozione delle scorie metaboliche avviene grazie al sistema circolatorio. Un parametro essenziale della capacità funzionale metabolica del muscolo è rappresentato dall’aumento dell’irrorazione sanguigna dovuta all’incremento della superficie di scambio dei capillari. L’allenamento alla resistenza aumenta la densità dei capillari di circa il 40% nelle fibre muscolari rispetto a soggetti non allenati. L’aumento del numero di capillari (processo chiamato capilarizzazione) si verifica solo con un carico prolungato e con una pressione sanguigna costantemente elevata (circa 160 mmHg).

Cuore e polmoni

Un allenamento della resistenza di intensità adeguata e di sufficiente volume produce un aumento delle dimensioni cardiache, abbiamo così una dilatazione delle cavità cardiache ed un aumento dello spessore delle pareti. In soggetti non allenati il cuore pesa circa 250-300 g con volumi di 600-800 ml mentre in atleti allenati si trovano valori di 350-500 g di peso e 900-1300 ml di volume.

resistenza

Un aumento delle dimensioni del cuore porta ad un aumento del massimo consumo di ossigeno e ad una minore frequenza cardiaca che si traduce in una migliore economia del lavoro cardiaco a parità di carico. La frequenza cardiaca a riposo in soggetti non allenati corrisponde a circa 60-70 bpm, quella di soggetti allenati diminuisce fino a circa 40 bpm.

I metodi di allenamento utili per provocare questi adattamenti sono il metodo ad intervalli ed il metodo del carico prolungato intensivo.

In condizioni normali il volume polmonare e la capacità di diffusione non limitano la prestazione. In età giovanile si possono determinare adattamenti come l’ampliamento della cassa toracica e una ipertrofia della muscolatura respiratoria caratterizzata da maggior profondità e minore frequenza degli atti respiratori.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *